III^ sentenza. Ingiuria

Le ingiurie potevano colpire l’aspetto fisico, l’onore e la dignità di una persona; di particolare gravità erano quelle rivolte ai pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Tuttavia, nel pronunciare le sentenze di condanna il Tribunale di Prima Istanza teneva conto non solo delle infamie subite dal funzionario pubblico, ma anche delle ragioni dell’imputato.

Il contadino Bernardo Forcherio di Rivarone viene processato il 16 settembre 1803 per oltraggio al sindaco di quel comune a causa di un bando rurale che vietava ai proprietari di terre di recarsi di notte nelle loro vigne per effettuare ispezioni e controlli, lasciati invece all'attività delle guardie campestri. Il primo cittadino subisce insulti e accuse di connivenza con i ladri, in quanto, secondo il Forcherio, spesso le guardie campestri approfittavano delle loro funzioni e del favore della notte per commettere illeciti in quelle vigne che avrebbero dovuto sorvegliare. La pesante ingiuria, quantunque provata da diversi testimoni, è mitigata dalla versione dello stesso imputato, che afferma di aver agito per difendere meglio la sua proprietà e di aver attaccato il sindaco solo indirettamente, tentando di fargli comprendere l’inopportunità di quel bando.

Alla fine il Tribunale emette una sentenza di condanna di quattro giorni di reclusione e un’ammenda pari ad una volta la contribuzione mobiliare dell’accusato. La pena appare assai mite se confrontata con quanto previsto dall’art. 19 della legge del 19 luglio 1791 (carcerazione fino a due anni e ammenda pari a dieci volte la contribuzione mobiliare dell’imputato).

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